Chiara [Ainur] [Айнұр] on Nostr: Da molto tempo ho scelto di non buttarmi a caldo sulle notizie eclatanti di ...
Da molto tempo ho scelto di non buttarmi a caldo sulle notizie eclatanti di attualità, come quella di Giulia Tramontano, di cui tutti parlano oggi.
Ho scelto di evitare reazioni "di pancia" come avrei fatto solo qualche anno fa, perché ho capito che sono tutto sommato inutili, dettate solo da ciò che la notizia scatena dentro di noi.
E' normale che ognuno di noi abbia una risposta immediata ad un evento sconvolgente come questo, fa parte di noi, solo che, per mia scelta, preferisco "digerire" l'accaduto e provare ad interpretarlo con gli strumenti dell'analisi e della razionalità.
Per questo evito ogni commento su quanto accaduto, semplicemente perché non c'è nulla da commentare. L'atto di uccidere la tua compagna incinta di 7 mesi è una cosa di per sé talmente orribile da andare al di là di ogni possibile espressione di un'opinione al riguardo.
Allo stesso modo eviterò di parlare dell'omicida (possiamo ormai chiamarlo così dato che è reo confesso), del fatto che tutti coloro che lo conoscevano abbiano detto che era "un bravo ragazzo e un gran lavoratore", anche perché parlare di lui non fa altro che dargli ulteriore visibilità mediatica, cosa della quale non c'è bisogno di sicuro. Ci saranno delle indagini e poi dei processi, delle perizie e delle discussioni in un'aula di tribunale che si occuperanno di lui. Poi magari, in un'altra sede, parleremo della pena che riteniamo giusta per un atto di questa nefandezza e tutto il resto, ma non ora e non qua.
Ora serve interrogarsi sui perché di quanto accaduto questa e tutte le precedenti volte. Sul perché una società malata continui a dare spazio alla cultura del maschio alfa e ad un modo di pensare che immagina la donna solo come proprietà di un uomo. Anzi, molto di più: un modo di pensare che non concepisce che una donna possa disporre delle propria vita e del proprio corpo come meglio crede.
Non sono una sociologa né un'antropologa, quindi non ho una spiegazione o una risposta a questi interrogativi.
Il delitto sembra essere maturato in un ambiente che non presenta elementi malavitosi o di degrado sociale in senso stretto (erano persone che conducevano una vita nella media) e l'assassino non presenta, apparentemente, problemi psichici di alcun tipo, escludendo quindi ogni motivazione di tipo patologico.
E quindi? Quindi non resta che cercare di spiegare quanto accaduto con motivazioni esclusivamente culturali, perché solo se sei cresciuto in un contesto che ti fa credere che l'uomo debba sempre primeggiare in una continua competizione con gli altri maschi del branco e che di conseguenza le donne non siano che una sorta di accessorio da usare e sfoggiare nella lotta per primeggiare, solo se cresci imbevuto di tutta questa roba qua puoi pensare di uccidere la tua compagna che porta dentro di se tua figlia che da qua a poco dovrebbe nascere e invece non verrà mai al mondo.
Come se ne esce? Lavorando sulla testa dei ragazzi, mi spiace dirlo, ma soprattutto dei maschi, insegnando loro a rispettare le donne. E' un lavoro lunghissimo e faticoso, che coinvolge noi genitori e i figli che stiamo crescendo. Non basterà una generazione, forse nemmeno due, ma l'educazione e la cultura sono le uniche armi che abbiamo.
Ho scelto di evitare reazioni "di pancia" come avrei fatto solo qualche anno fa, perché ho capito che sono tutto sommato inutili, dettate solo da ciò che la notizia scatena dentro di noi.
E' normale che ognuno di noi abbia una risposta immediata ad un evento sconvolgente come questo, fa parte di noi, solo che, per mia scelta, preferisco "digerire" l'accaduto e provare ad interpretarlo con gli strumenti dell'analisi e della razionalità.
Per questo evito ogni commento su quanto accaduto, semplicemente perché non c'è nulla da commentare. L'atto di uccidere la tua compagna incinta di 7 mesi è una cosa di per sé talmente orribile da andare al di là di ogni possibile espressione di un'opinione al riguardo.
Allo stesso modo eviterò di parlare dell'omicida (possiamo ormai chiamarlo così dato che è reo confesso), del fatto che tutti coloro che lo conoscevano abbiano detto che era "un bravo ragazzo e un gran lavoratore", anche perché parlare di lui non fa altro che dargli ulteriore visibilità mediatica, cosa della quale non c'è bisogno di sicuro. Ci saranno delle indagini e poi dei processi, delle perizie e delle discussioni in un'aula di tribunale che si occuperanno di lui. Poi magari, in un'altra sede, parleremo della pena che riteniamo giusta per un atto di questa nefandezza e tutto il resto, ma non ora e non qua.
Ora serve interrogarsi sui perché di quanto accaduto questa e tutte le precedenti volte. Sul perché una società malata continui a dare spazio alla cultura del maschio alfa e ad un modo di pensare che immagina la donna solo come proprietà di un uomo. Anzi, molto di più: un modo di pensare che non concepisce che una donna possa disporre delle propria vita e del proprio corpo come meglio crede.
Non sono una sociologa né un'antropologa, quindi non ho una spiegazione o una risposta a questi interrogativi.
Il delitto sembra essere maturato in un ambiente che non presenta elementi malavitosi o di degrado sociale in senso stretto (erano persone che conducevano una vita nella media) e l'assassino non presenta, apparentemente, problemi psichici di alcun tipo, escludendo quindi ogni motivazione di tipo patologico.
E quindi? Quindi non resta che cercare di spiegare quanto accaduto con motivazioni esclusivamente culturali, perché solo se sei cresciuto in un contesto che ti fa credere che l'uomo debba sempre primeggiare in una continua competizione con gli altri maschi del branco e che di conseguenza le donne non siano che una sorta di accessorio da usare e sfoggiare nella lotta per primeggiare, solo se cresci imbevuto di tutta questa roba qua puoi pensare di uccidere la tua compagna che porta dentro di se tua figlia che da qua a poco dovrebbe nascere e invece non verrà mai al mondo.
Come se ne esce? Lavorando sulla testa dei ragazzi, mi spiace dirlo, ma soprattutto dei maschi, insegnando loro a rispettare le donne. E' un lavoro lunghissimo e faticoso, che coinvolge noi genitori e i figli che stiamo crescendo. Non basterà una generazione, forse nemmeno due, ma l'educazione e la cultura sono le uniche armi che abbiamo.