What is Nostr?
Antonio Vigilante /
npub1mfh…5d27
2025-01-04 16:59:33

Antonio Vigilante on Nostr: Non è proprio dell'uomo ascoltare una risposta? Educare è piantare l’amore. ...

Non è proprio dell'uomo ascoltare una risposta?

Educare è piantare l’amore. Sembra una di quelle frasi stucchevoli che si trovano in certi libri di educazione alternativa, naturale o olistica. Si trova invece in un serie di iscrizioni biografiche dell’Egitto antico, risalenti al Medio e Nuovo Regno. L’iscrizione, per essere precisi, parla di “colui che educa piantando l’amore” (1). In una iscrizione della medesima raccolta si legge: “Io fui un insegnante per i bambini, attraverso un discorso calmo e paziente”. (2)

Ci sono giunti molti testi riguardanti l’istruzione e l’educazione nell’Egitto antico. Testi che ci danno spaccati spesso molto vivi della vita scolastica del tempo e in aperto contrasto con la dolcezza pedagogica di questi passi. Non si tratta solo della violenza fisica, che pure era ampiamente praticata, come sarà del resto per molti secoli a venire. Lo studente è, qui, l’aspirante scriba; il suo è un apprendistato lungo, faticoso, anche fisicamente impegnativo, che non tutti riescono a completare. Vi ritorneremo. Nella conclusione di questo primo capitolo è interessante invece un altro testo.
Nell’Egitto antico si diffondono una serie di dottrine educative che hanno grande importanza e i cui autori sono rinomati. Si tratta di dottrine che hanno a che fare con la natura stessa dell’educazione e con i contenuti che essa deve veicolare, ossia con i valori e la saggezza condivisi. Una delle questioni che si pongono già ora è quella della resistenza all’azione dell’educazione. Che fare se il figlio non risponde come si vorrebbe all’azione del padre-educatore? Una di queste dottrine dà indicazioni chiare: un figlio ribelle è indegno di essere tale e il padre può renderlo schiavo. Ed è interessante la giustificazione religiosa di questa violenza: un tale figlio ribelle è predestinato alla perdizione, il suo destino è segnato dal rifiuto degli dei.

Colui che si oppone a te, è uno che gli dei hanno rigettato. La sua rovina è già stata decretata nel grembo materno. Chiunque venga guidato, non può smarrirsi; ma chi si lascia abbandonare alla deriva, non troverà alcun approdo.(3)

Abbiamo qui la violenza pedagogica nella sua purezza. Il testo su cui voglio richiamare l’attenzione riporta il dialogo tra un padre e suo figlio a proposito di una di queste dottrine. Sono entrambi scribi: Anii il padre, Chonsuhotep il figlio. Il padre espone la dottrina, il figlio ha però qualcosa da replicare. Il padre ha esposto le sue sentenze, ma il figlio è perplesso. Quelle sentenze gli sembrano lontane: “Un ragazzo non agisce secondo le dottrine dell’educazione, anche se i libri sono sulla sua lingua” (4). Per quanto è possibile capire dal testo, che è corrotto, il figlio lamenta l’inefficacia del metodo educativo e fa presente al padre la sua difficoltà di stargli dietro. Le sentenze sono “sulla lingua”, ma impararle a memoria non fa sì che diventino sostanza educativa. Il padre reagisce minacciandolo: il figlio si sta mettendo sulla cattiva strada. Il cavallo si sottomette al giogo e il cane obbedisce al padrone. “Dì: ‘Farò come tutti questi animali’ e sii obbediente” (5). Lo sfondo di questa minaccia è la dottrina che abbiamo visto: se non sarà obbediente il figlio potrà essere considerato predestinato alla perdizione. Ma il figlio insiste: “Non essere così fiero della tua forza, pensando di potermi trattare con violenza. Non è forse proprio dell’uomo abbassare le mani e ascoltare una risposta? Gli uomini sono a immagine di Dio nella loro abitudine di ascoltare la risposta dell’altro” (5). Ma il padre è irremovibile. Vuol farsi istruire, il figlio, o intende essere un degenerato?

Nonostante lo stato del testo, è evidente che qui il figlio fa due cose. In primo luogo contesta l’efficacia del metodo educativo del padre, che è tutt’uno con la tradizione. In secondo luogo cerca di pensare insieme al padre la pratica educativa. Ed è singolare il ricordo alla teologia. Se essa giustifica la violenza educativa, con la concezione della predestinazione al male, essa può anche giustificare però una diversa pratica educativa, grazie alla concezione dell’ascolto e del dialogo come caratteristiche divine che l’essere umano è chiamato ad emulare.

Mi sembra che non si forzi il testo se si afferma che è qui presente, se non altro, già l’esigenza della sinagogia, di un educarsi comune, di un cammino non violento verso la crescita individuale e comune.

(1) H. Brunner, Altägyptische Erziehung, Otto Harassowitz, Wiesbaden 1991, p. 162. Qu. XIX, f.
(2) Ibidem. Qu. XIX, a.
(3) Ivi, p. 156. Qu. VI, f.
(4) Ivi, p. 166. Qu. XXVIII, c.1.
(5) Ivi, pp. 167-168, c.3.

Da "L'alienazione scolastica. Un libro in cui si dicono un po' di cose sgradevoli sulla scuola". In preparazione.

#Scuola
Author Public Key
npub1mfhfwk0sh4a6xyx4m0kc0gatvq78vx3w3ut5unduyq2f6ehlufnsd65d27